DEMOCRAZIA AUTORITARIA

DEMOCRAZIA AUTORITARIA

Giustamente preoccupati per la situazione sanitaria, rischiamo di trascurare riflessioni di politica generale su fatti e tendenze che possono condizionare assai negativamente il nostro futuro dopo il Covid-19.

La fortuna nelle cose umane

Scrive Machiavelli su quanto possa la fortuna nelle cose umane e come occorra resisterle. La fortuna di Machiavelli non è la buona sorte ma l’occasione offerta dalla circostanza che con la virtù, cioè l’abilità, il Principe può trarre a suo vantaggio. Perché “La fortuna è donna ed è necessario, volendola tenere sotto, batterla e urtarla” (l’altezza dell’Autore assolve il misoginismo della citazione).

Oggi la sorte ha portato una fortuna: la pandemia e l’ha posta a disposizione di una parte assai agguerrita della politica europea e delle sue mosche cocchiere italiane, e questo ramo tenta il tutto per tutto per non lasciarsi sfilare l’occasione, anche prolungandola artificialmente, se del caso.

Un caso fortuito, cioè, che si è trasformato nella manna dal cielo per quella parte di politica e dottrina economiche che teorizzano la crisi irreversibile del modello di democrazia occidentale, e spingono verso una nuova organizzazione sociale autoritaria. Secondo costoro, la democrazia non può esistere nelle istituzioni politiche tradizionali, esiste solo nel mercato e solo se questo è governato da un potere finanziario illuminato, che orienta la produzione e quindi l’offerta e condiziona la domanda, cioè la soddisfazione materiale del consumatore realizzandola totalmente. Non quindi un mercato liberale in senso proprio perché libero in tutte le sue componenti e i suoi meccanismi, ma un mercato dominato dal potere finanziario. Come tale, in realtà, un non mercato, un far west in mano al Soros di turno.

Secondo costoro, è bene, dunque, per gli stessi cittadini/consumatori, che i singoli Stati perseguano questo obiettivo politico abbandonando l’illusione del così detto governo del popolo, per abbracciare una nuova prospettiva, che è poi tra le più antiche: il Governo dei pochi ottimati, i migliori, in questo caso i più ricchi. Illuminati che garantiscono a questo popolo minorenne la felicità materiale in cambio della libertà. Le libertà e i diritti fondamentali dei cittadini non sono valori in sé da tutelare, ma puramente funzionali agli interessi dello Stato. L’obiettivo politico finale è appunto una democrazia autoritaria, cioè un ossimoro inesistente.

Che squallore!

Nel 1792 Madison, poi IV Presidente degli Stati Uniti, scriveva che: “Non è il potere che garantisce la libertà, è la libertà che garantisce il potere”. Solo in una Nazione in cui i cittadini liberi liberamente attribuiscano il potere allo Stato, questo potrà svolgere le sue funzioni a solo favore dei cittadini e tutte le libertà coopereranno all’unisono per raggiungere la felicità. Recita la Costituzione americana: “Noi riteniamo che sono per se stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità; che per garantire questi diritti sono istituiti tra gli uomini governi che derivano i loro giusti poteri dal consenso dei governati.”.

Al contrario, nello Stato vagheggiato da costoro è il potere che, ottriatamente, garantisce la libertà e lo fa non per rispetto ai Valori ma solo perché gli è conveniente e fino al punto in cui gli conviene per perseguire il suo modello. Lo Stato, in questa visione, persegue l’omologazione dei comportamenti anche sociali in vista di una società non di eguali, ma di replicanti sottomessi, di produttori e consumatori, non di liberi cittadini.

Il modello è ancora in fieri, ma è oggi che concretamente, soprattutto nella UE, lo si sta costruendo, anche ponendo gli Stati membri nelle opportune condizioni di difficoltà che garantiscano tale evoluzione. Vigiliamo, perché motus in fine velocior.

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BUON INIZIO DI DRAGHI

BUON INIZIO DI DRAGHI

Nella conferenza stampa del 26 marzo, la prima dopo quella di insediamento, Draghi è stato chiaro, semplice, amichevole come il suo stile. Purtroppo di là dal tono rassicurante l’analisi del contenuto di ciò che ha detto è sconfortante.

La situazione dei vaccini

Sui vaccini sostanzialmente, ha confermato la situazione di assoluta ingovernabilità a livello internazionale. Con conseguente totale incertezza sui successivi passi (da parte dell’UE, dei singoli Paesi? Non si sa, vedranno).

Unica misura: contenimento dei contatti sociali

Sul piano interno ha confermato la scelta di affidarsi alle misure di contenimento dei contatti sociali come unica misura complementare alla strategia fondamentale della vaccinazione di massa. Però, attesa la assoluta incertezza sull’approvvigionamento di vaccini (Sputnik è di là dall’essere autorizzato, JJ comincerà ad essere distribuito nella seconda metà di aprile, salvo contrattempi che per ora si sono sempre verificati, Reithera non è ancora pronto) ciò significa che non si ha alcuna certezza circa il momento del completamento delle attività e quindi del raggiungimento della immunità di gregge, se mai la raggiungeremo. Infatti il prof. Crisanti continua a porre sull’avviso che, escludendo dal conto dei 60 mln. di cittadini i giovani, i novax, la percentuale fisiologica di indifferenti, gli stranieri non registrati e gli altri soggetti trasparenti alle istituzioni, e soprattutto il personale sanitario riottoso che è più pericoloso delle categorie citate, (vedi cluster in Liguria), si deve giungere alla conclusione che il tetto giusto per l’immunità non si potrà raggiungere e che l’unica misura difensiva non potrà che essere il lock down mascherato, come quello in atto. Lo stesso Draghi ha ammesso di non avere idea di cosa accadrà nell’immediato futuro e di stare monitorando giorno per giorno i dati anche al fine di decidere le misure interdittive di volta in volta. In merito, però, ci ha dato un pessimo segnale annunciando che la stessa mattina la cabina di regia ha già deliberato l’inasprimento delle misure per dopo Pasqua e che egli stesso vorrebbe poter avere le vacanze estive ..… (a buon intenditor…).

Inutilità dell’andamento ciclico delle misure

Io credo che così non andremo da nessuna parte. Non possiamo continuare ad accettare un assurdo e inconcludente andamento ciclico per un tempo indefinito e impossibile da sopportare.

Le restrizioni dei vari DPCM 23 e decreti legge, infatti, conseguono un miglioramento della situazione, con declassamento automatico della fascia, il che determina, dopo il debito tempo, un peggioramento, con il rinnalzamento automatico alla fascia superiore e l’adozione delle misure restrittive dell’inizio se non più pesanti, e si ricomincia lo snervante ciclo. La chiusura rigida ai contatti sociali può avere un senso solo se accompagnata da una vaccinazione di massa che in breve tempo raggiungesse l’80/90% della popolazione reale (compresi giovani etc.) e proteggesse a tempo indeterminato, o almeno per 10/15 anni, dal virus e da tutte le sue varianti. Viceversa, essa alimento solo un circolo vizioso.

Nelle condizioni di mancanza di vaccini sopra dette, con l’avvicendarsi delle varianti, con la totale incertezza sulla durata della protezione vaccinale, questo piano è destinato al fallimento.

A ciò dobbiamo aggiungere la problematica giuridico-istituzionale che non è di minore momento di quella epidemiologica. La violazione continua, sistematica e sempre più opprimente dei diritti costituzionali lascerà strascichi ben difficili da ipotizzare oggi. E il dramma è che ciò avviene nella indifferenza più assoluta di gran parte della classe intellettuale. E a tale proposito credo sia necessario per tutti, epidemiologi e medici compresi, farsi una ragione del fatto che la realtà è multiforme e costituita da problematiche e bisogni i più vari e non solo da quelli di competenza di queste discipline, e che dunque alla multidisciplinarietà delle problematiche corrisponde la multidisciplinarietà degli approcci e delle soluzioni. Con il corollario che è sbagliato e illusorio ritenere che i propri problemi e bisogni siano a priori prevalenti rispetto agli altri.

Cambio di paradigma

Occorre quindi un cambio di paradigma e un mutamento radicale della strategia riguardante le restrizioni alla vita quotidiana.

Ovviamente non è allo stato ipotizzabile eliminare del tutto sic et simpliciter le misure di contenimento dei contatti sociali, ma da subito occorre che siano adottate opportune misure complementari intese a bloccare il contagio, e non i contatti. Occorre spezzare nella mente del Governo e dei suoi consulenti la granitica convinzione che sembra indefettibile, ma che è solo riduttiva, che vi sia una corrispondenza unica e necessaria tra la la diffusione del contagio e il contatto sociale, che questo sia propriamente la causa del primo. La causa vera del contagio non è il contatto ma la trasmissione del virus, e quella va aggredita prima di tutto. Contatto e contagio non sono la stessa cosa. Il contagio avviene a causa della diffusione del virus attraverso l’aerosol prodotto dall’uomo, il contatto è solo il contesto, l’occasione, non la luna ma il dito.

Il think tank Lettera 150, ad esempio, ha elaborato già da diversi mesi un documento con dieci misure da adottare (sanificazione degli uffici e scuole, mascherine, moltiplicazione delle aule, dei trasporti etc.). Possono essere riviste e implementate, ma devono essere prese in considerazione per aggredire alla radice il problema.

Lo stesso Draghi mostra di esserne convinto intimamente, quando in conferenza stampa ha annunciato la riapertura delle scuole sino alla prima media anche nelle zone rosse, aggiungendo però immediatamente che seppure le scuole in sé non siano considerate momento particolarmente pericoloso per il contagio, diversamente e con assai maggiore preoccupazione dobbiamo guardare alle attività che ha definito para- e peri-scolastiche, come i trasporti. E’ quanto i più avvertiti vanno predicando da mesi chiedendo la implementazione massiccia dei trasporti pubblici locali, sporadicamente in minima parte quindi inutilmente attivata da alcuni comuni più accorti. E tutto ciò dimostra la correttezza della visione per cui siano essenziali soprattutto le misure complementari di lotta al contagio come fenomeno in sé, piuttosto che al contatto sociale.

SI AI CONTATTI, NO AL CONTAGIO dovrebbe essere il nostro slogan.

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ATTREZZIAMOCI PER L’ENDEMIA

SI AI CONTATTI NO AL CONTAGIO

Siamo in endemia

ENDEMIA: è una situazione che si verifica quando l’agente responsabile (virus) di una malattia, che appunto si definisce endemica, è stabilmente presente e circola nella popolazione, manifestandosi con un numero di casi più o meno elevato ma uniformemente distribuito nel tempo.

In altri termini, siamo in endemia quanto conviviamo con il virus.

Una malattia infettiva si eradica quando in un Paese fino ad allora afflitto da epidemia o endemia, si raggiunge la così detta immunità di gregge. Cioè vi è almeno il 95% della popolazione che non può ammalarsi e trasmettere il virus perché è vaccinata.

Purtroppo, è ormai chiaro che la strategia vaccinale avrà successo solo nel medio lungo periodo.

Non solo difficoltà logistiche, per altro affrontate brillantemente dal nuovo Commissario all’emergenza, generale Figliuolo, ma soprattutto i giochi geopolitici retrostanti all’affaire vaccini, faranno sì che la campagna vaccinale probabilmente slitterà a causa della mancanza dei vaccini stessi.

Inoltre, gli epidemiologi ci hanno già messo sull’avviso circa la capacità di questo virus di variare. Così anche per il COVID 19 dovremo attrezzarci ogni anno con un nuovo aggiornamento del vaccino per combattere la nuova variante.

Ma non basta, perché è noto, ma il governo e i mass media non ne parlano per non creare allarme, che allo stato attuale delle conoscenze si ritiene che la copertura del vaccino duri da 7 a 12 mesi. Anche se non vi fossero le varianti, quindi, tra un anno si dovrebbe ripetere una grande campagna vaccinale come quella in atto.

A questo si aggiunga che siamo in presenza non di una epidemia (cioè la diffusione di una malattia all’interno di un Paese o di una area delimitata) ma di una pandemia, che è una epidemia che si estende da un Paese all’altro, sino all’intera Terra. Quindi l’immunità di gregge sarà sempre più messa in pericolo dalla mobilità delle persone che è una delle caratteristiche del XXI secolo.

Pensiamo veramente che si possa affrontare questo futuro drammatico facendo stare tutti chiusi dentro casa?

 

Cambio di paradigma e di strategia

Occorre che la società si attrezzi con misure non più emergenziali e temporanee, ma a regime che concilino la tutela della salute e della vita umana, con l’ordinato dispiegarsi della società civile, nei suoi aspetti economici, relazionali, educativi, psicologici, culturali. Cioè misure di lungo periodo che regolino la normalità della vita quotidiana.

In effetti, il Governo Conte bis ha basato il suo intervento sul raggiungimento di due obbiettivi strategici: la vaccinazione di massa e la eliminazione o riduzione dei contatti sociali nel corso dei quali il virus si trasmette.

Il primo si appalesa insufficiente da solo a porre in sicurezza il Paese, come abbiamo già osservato. Inoltre la vaccinazione di massa è soggetta a una alea di rischio elevata.

Il piano, infatti, dipende in primo luogo dalla perfezione dei meccanismi logistici, ma soprattutto dalla incertezza sulla consegna dei vaccini, legata a giochi geopolitici e non alle esigenze dei popoli.

In conclusione, il primo obbiettivo strategico potrebbe non essere risolutivo

 

Un nuovo obbiettivo strategico.

Al primo obbiettivo strategico descritto, quindi, deve affiancarsi un secondo obbiettivo strategico complementare che accompagni l’azione vaccinale per tamponare medio tempore il problema dei contagi, fino ad una fine che non è dato oggi ipotizzare.

Oggi, per iniziativa del governo Conte bis che non ha saputo affrontare la situazione, questo secondo obbiettivo strategico si sostanzia esclusivamente nell’impedire o diminuire i contatti sociali, sostanzialmente nell’imporre a tutto il Paese il lock down.

Drammaticamente e desolatamente il governo Conte non ha saputo fare altro.

Ma impedire i contatti sociali e impedire la trasmissione del virus non sono la stessa cosa.

La vera causa del contagio, infatti, non sono i contatti sociali ma la trasmissione tramite le c.d. droplets, cioè le minuscole quantità di vapore acqueo presenti in forma di aerosol che ciascuno di noi emette quando parla, canta, mangia, respira, starnutisce, tossisce etc. Il contatto sociale è solo un contesto, una occasione in cui questi virus possono viaggiare nell’aria da un soggetto all’altro, ma non sono la causa del contagio.

Si obbietterà che impedire i contatti impedisce, indirettamente, anche il contagio.

E’ però di tutta evidenza che in questo modo non si combatte la trasmissione del virus in sé e si adotta uno strumento costoso che ci porterà alla rovina economica, oltre che piscologica e morale.

Un nuovo slogan ci deve guidare.

“Sì ai contatti sociali no alla trasmissione del virus”.

 

L’obbiettivo strategico risolutivo, quindi, è impedire la trasmissione del virus e si può raggiungere finalmente sostituendo i vari lock down, insopportabili per una società, dal punto di vista sia economico sia psicologico, sia pedagogico.

Nel bilanciamento dei vari interessi, quindi, il Governo Draghi non deve perpetuare la fallimentare politica del Conte bis, sostanzialmente ripetendo il lock down già sperimentato e che si è rivelata, a medio tempo, un vero fallimento. Non ha impedito, infatti, la seconda e terza ondata e non impedirà le prossime perché qualunque chiusura non è in grado di assicurare l’eliminazione al 100% dei contatti e quindi delle trasmissioni.

E’ corretto ritenere che in un frangente di vera emergenza, cioè di un fatto improvviso e imprevedibile come avvenne lo scorso anno, il lock down fosse l’unica misura immediata possibile, ma oggi a distanza di un anno tale situazione diviene inaccettabile. E, sia detto per inciso, dimostra la assoluta inefficienza e incompetenza del Governo Conte bis e del suo Ministro della salute.

A queste conclusioni conducono anche le considerazioni scaturenti dal dibattito sulla compressione dei diritti e delle facoltà costituzionali ancor più che nella fase emergenziale. A regime, infatti, il passaggio ad una fase di assestamento della convivenza con il COVID19 renderebbe le attuali misure del tutto inaccettabili. Esse si configurerebbero come una sospensione, se non interruzione, della democrazia, a cagione del loro consolidamento.

Contemporaneamente queste nuove misure che comportano comunque sacrifici e disagi, per non rimanere grida manzoniane devono essere accompagnate da un vasto consenso dei consociati. A tale scopo occorre che si abbandoni la odiosa mentalità punitiva nei confronti dei cittadini, per cui le uniche misure adottate sono state quelle della compressione dei loro diritti.

Il cambio di strategia auspicato si realizza attraverso misure proattive, positivamente interventiste che incidano sui meccanismi di diffusione del virus e non solo misure occhiutamente repressive talvolta vessatorie.

Sono necessari interventi finalizzati più a convincere, persuadere, agevolare il comportamento corretto, e solo in ultima istanza, e ove indispensabile, a punire con sanzioni proporzionate.

Lo scopo, insomma, è quello di creare un clima di collaborazione reciproca e non di contrapposizione poliziesca, ad es. prevedendo che, a seguito dei controlli, le forze dell’ordine forniscano le mascherine a chi ne fosse sprovvisto.

 

Trasparenza e pubblicità dei dati

In primo luogo, è indispensabile, anche al fine di determinare e consolidare il consenso, risolvere una volta per tutte il problema della trasparenza pubblicando sul sito ministeriale tutti i dati riguardanti la gestione e l’andamento della pandemia, in formato aperto e disaggregato, come per altro già previsto dalla legislazione vigente.

La accessibilità totale dei dati è richiesta dalla legge anche allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche.

Anche i dati regionali devono subire lo stesso trattamento, e il Governo, dinanzi ad una eventuale riottosità, dovrà applicare la sua competenza esclusiva (art. 117 Cost, comma secondo lettera r) (cioè il coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale) e il potere sostitutivo previsto dall’art. 110 della costituzione tra l’altro, nei casi di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedano la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.

Sembra poi necessaria una maggiore centralizzazione delle iniziative e della organizzazione logistica.

Anche in questo soccorre l’art. 117, comma secondo, lettere m) e q) prevedono la competenza esclusiva dello Stato nelle materie rispettivamente della determinazione e garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali nonché della profilassi internazionale;

 

Dispositivi personali ed collettivi di sicurezza

Un altro campo di intervento strutturato a regime è quello sui dispositivi personali di sicurezza. Per impedire la diffusione del virus mantenendo la libertà dei contatti, è necessario l’uso di mascherine adatte. Quindi, occorre che si passi alla obbligatorietà dell’uso del tipo FFP2 (l’unico che garantisce una protezione passiva e attiva) con le eccezioni già previste, ma soprattutto che si provveda ad acquisti periodi e massici per porle a diposizione gratuitamente dei cittadini, attraverso, ad es.,  forniture periodiche da parte di tutti gli enti e uffici pubblici ai propri dipendenti di scorte sufficienti a coprire il fabbisogno familiare, dispensabilità da parte del SSN, senza prescrizione medica, fornitura da parte delle medesime forze dell’ordine nelle occasioni di controlli. Identiche misure per il gel disinfettante portatile.

Inoltre, le misure personali di igiene e disinfezione sono sicuramente essenziali, ma relativamente sterili ove gli ambienti per sé mantengano elevati livelli di infestazione del virus.

E’ quindi necessario che sia avviata un piano per una costante azione di sanificazione periodica e frequente, ogni due/tre ore, degli uffici pubblici, delle scuole, dei mezzi di trasporto pubblico.

Ciò presuppone investimenti per dotare i locali di infissi adeguati alla aereazione nonché apparati di disinfezione a UV che possono essere usati solo a locali liberi da persone e per tale motivo protocolli di chiusura temporanea degli uffici per il breve tempo necessario a sanificare gli ambienti.

 

Tamponi di massa

Gli ottimi risultato raggiunti dalla operazione dei tamponi di massa, quale strumento di una strategia di sorveglianza attiva, necessita della realizzazione, finalmente, del piano già proposto ad agosto, per realizzare il target di 400.0000 tamponi giornalieri. Ovviamente ciò implica il potenziamento, a cura dello Stato, di ulteriori laboratori mobili. E anche in tal caso è indispensabile una centralizzazione degli interventi.

 

Riavvio delle attività scolastiche

Alla ripresa di settembre la maggior parte delle scuole non è stata in grado di ridurre il numero di alunni per classe (come avvenuto in molti paesi europei), né di garantire la misurazione della febbre, né di gestire i sospetti positivi.

Oltre alle misure per la disinfezione dei locali e la distribuzione delle mascherine di cui si è già detto, occorre agire con strumenti amministrativi e organizzativi lungo due distinte direttrici.

Ove si decida per la didattica in presenza, occorre ampliare la disponibilità di classi, per diminuire l’affollamento, utilizzando immobili demaniali non utilizzati. E quindi assumere a tempo determinato ulteriori docenti, anche richiamando, se necessario, quelli andati in pensione negli ultimi cinque anni.

Occorre correlatamente intervenire sul sistema dei trasporti di cui avanti.

Rafforzare la vigilanza anti assembramento, soprattutto attraverso volontari (il sistema dei “nonni”).

Nell’ottica della DAD, invece, non si può prescindere da un ambizioso piano di acquisto e distribuzione di tablet o PC da fornire, in comodato gratuito, a tutti gli alunni che ne siano sprovvisti in famiglia e stipulare convenzioni apposite con i provider per acquisire strumenti di traffico dati. Tale misura è stata solo parzialmente attuata, apprestando però finanziamenti del tutto insufficienti.

Viceversa, la DAD si trasformerebbe in un serio elemento di discriminazione sociale.

Tale misura costituirebbe anche un passo avanti nell’investimento per la digitalizzazione del Paese, cui gli stessi provider sono interessati.

Le misure nei confronti del SSN sarebbero molte e complesse. Tra le primarie si pone l’ampliamento dei posti di terapia intensiva.

Ma anche misure di sistema quali la modifica temporanea del corso di studi in scienze infermieristiche, prevedendo un prediploma in sei mesi di corso intensivo da integrare successivamente, e l’assunzione nel SSN a tempo, e agevolazione nella conclusioie del percorso triennale o magistrale di laurea.

Sarebbe anche opportuno il richiamo in servizio dei medici collocati a riposo a seguito della anticipazione della età di pensionamento.

 

Trasporto pubblico locale

Quella del trasporto pubblico è una nota dolente, assai sottovalutata dal Governo.

Occorre in primo luogo aumentare l’offerta di mezzi, al fine di diminuirne l’affollamento, primariamente mediante l’utilizzo di mezzi e autisti delle FFAA, o di autobus privati in convenzione, oggi costretti alla inattività, e comunque anche ricorrendo, se del caso, allo strumento della requisizione in uso d’urgenza (con indennizzo) ed alla assunzione a termine di conducenti, soprattutto reclutati dagli NCC rimasti senza lavoro.

 

Il contributo della medicina di base

L’implementazione della medicina di base costituirà un fondamentale strumento di lotta al virus nell’occasione del primo contatto del cittadino con la problematica e soprattutto nella assistenza domiciliare consentendo così di ridurre sensibilmente i ricoveri ospedalieri. L’ampliamento delle cure domiciliari passa però attraverso la dotazione per i medici dei necessari presidi personali di sicurezza. Occorrerà anche riorganizzare e implementare le unità speciali di continuità assistenziale per le cure domiciliari, coinvolgendo direttamente i medici di base dotati di adeguate protezioni. E sarà altresì necessario commissariare e esercitare il potere sostitutivo nei confronti di quelle regioni che non raggiungano in brevissimo tempo livelli predefiniti del servizio.

Infine, occorrerà affrontare la problematica dei COVID hotel, cioè a dire di luoghi convenzionati ove il contagiato possa trascorrere i periodi di quarantena o di isolamento, per abbattere drasticamente le occasioni di contagio.

 

I vaccini

Interventi a parte sono necessitati dalle problematiche insorte con le case farmaceutiche titolari dei brevetti dei vaccini.

L’andamento delle cose induce a sospettare che gli atteggiamenti scorretti registrati non siano casuali e che siano inoltre destinarti a ripetersi nel tempo.

Appare ragionevole pensare che occorra predisporsi ad una soluzione autarchica del problema.

Si vuol dire che, in qualche modo, il sistema industriale farmaceutico italiano deve essere messo in condizioni di produrre vaccini per il Paese. Ciò potrebbe avvenire grazie al vaccino ReiThera, i cui tempi non sono però allo stato prevedibili con esattezza e la cui sperimentazione di fase tre non è ancora terminata.

E’ indispensabile, quindi, in primo luogo avviare immediatamente opportuni contatti con le imprese farmaceutiche italiane per verificarne la capacità produttiva e i tempi di conversione alla stessa, e alo stesso tempo con le imprese titolari dei vaccini per sondare le ragionevoli opportunità compromissoria di una sub licenza a favore delle imprese italiane.

In alternativa occorre avere la determinazione di adottare le misure per la così detta licenza obbligatoria prevista dagli accordi internazionali TRIPS sulla della proprietà intellettuale, per la salvaguardia dell’interesse pubblico come quello alla salute pubblica.

 

Criticità finanziarie

Il costo di tutte queste auspicabili iniziative è molto elevato.

Tuttavia, la scelta strategica nell’uso delle risorse, soprattutto quelle europee, risulterebbe inutile se esse fossero utilizzate solo per garantire ristori, contributi, assistenzialismo, senza che la società intorno sia messa in grado di fronteggiare, essa in prima persona, la causa della crisi economica.

La ricetta di compiere generose dosi di finanziamenti pubblici a settori economici, non sembra essere la misura vincente. Piuttosto occorre porre le condizioni perché riparta soprattutto il sistema delle micro, piccole e medie imprese, che necessita appunto di una situazione concreta più vicina possibile alla normalità, perché propedeutica alla ripresa del vivere civile e quindi della economia.

Non avrebbe senso incentivare uno qualsiasi dei settori previsti dal Piano di Resilienza lasciando inalterati gli attuali meccanismi di contrasto al virus che sono, per sé, del tutto disincentivanti lo sviluppo economico.

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ATTREZZIAMOCI PER L’ENDEMIA
ALCUNE RIFLESSIONI SUL COMPLOTTISMO

ALCUNE RIFLESSIONI SUL COMPLOTTISMO

L’Italia è un Paese melodrammatico, nel bene (molto) e nel male (poco) che ciò significa.

Anche le discussioni su WA lo sono e oscillano sempre tra il bianco e il nero, senza vie di mezzo.

Qualcuno mi ha interpretato come complottista paranoico, qualcun altro sostiene la inevitabilità di determinate misure dinanzi al pericolo della pandemia.

Poiché penso di essermi espresso male cercherò di chiarirmi anche per contribuire alla definizione di un pensiero condiviso tra noi.

La realtà non è un film di James Bond, quindi non esistono una Spectre e un Blonfeld che si riuniscono intorno al tavolo per complottare su come impadronirsi del mondo. Non confondiamo il complottismo letterario o anche solo paranoico, con l’analisi seria degli scenari politici, che si fa applicando i principi e le regole (cioè le evenienze che si ripetono con regolarità) studiate da secoli.

Lo Stato comunitarista

Tutto però inizia da una premessa, vale a dire quale modello di Stato preferiamo.

Il modello che Popper definisce comunitarista, o il modello liberale.

Per sommi capì, e ai fini del nostro discorso, il primo è caratterizzato dalla soggettivizzazione dello Stato e degli interessi che da collettivi diventano soggettivi,  cioè imputati ad un'unica parte: lo Stato. Esso, quindi, li esercita e li difende allo stesso modo in cui un singolo cittadino difende i suoi, senza accettare, se può, compromessi e limitazioni. Vi è però una fondamentale differenza tra cittadino e Stato, e cioè quest’ultimo ha un potere monopolistico e autoritario proprio, attraverso il quale opera naturaliter per far prevalere gli interessi affidatigli. E ne ha tutti i mezzi anche coercitivi e violenti, non perché sia uno Stato dittatoriale, ma nell’esercizio di una funzione. Infatti, per definizione, lo Stato è “funzione” dell’interesse collettivo e perciò prevale sempre sul singolo che è contraente debole.

Da qui la contrapposta visione liberale dello Stato come male necessario e da controllare e limitare nei suoi poteri.

In questa visione, lo Stato è appunto in sé un male, perché contrasta con la Persona, incide sulla sua libertà che è un dono fondamentale, il primo che qualifica l’uomo intelligente, prima ancora di tutti gli altri, se è vero che “Libertà va cercando ch’è sì cara, come sa chi per lei vita rifiuta”.

Al contempo, però, esso e un male necessario e come tale sono i cittadini che lo devono sopportare ma anche controllare e non viceversa. Ed ancora, i poteri dello Stato devono essere ridotti al minimo indispensabile per garantire il libero dispiegarsi della persona umana e non per rincorrere un fantomatico interesse pubblico che nessuno è mai stato capace di definire, perché non è la collettività al centro delle istituzione e della politica e, ma la Persona, cioè ciascun essere umano considerato in sé nella sua ontologica essenza.

Ma soprattutto, e questo è il punto qualificante di tutta la discussione sin qui condotta sulle misure incostituzionali adottate a seguito della pandemia, è necessario che l’impianto garantista approntato dalle costituzioni sia sempre rispettato. La rottura del principio del rule of law (l’imperio della legge) diviene altrimenti the rule of power (l’imperio del potere) perché il potere si arroga il diritto di adottare misure incostituzionali appellandosi alla sua titolarità dell’interesse collettivo e sfruttando la sua posizione monopolistica.

Non è quindi per un principio astratto che i giuristi liberali difendono a spada tratta le prerogative costituzionali, ma per il concreto pericolo che l’eccezione invocata per la difesa di un interesse asseritamente collettivo, determini quella piccola falla nella diga che ne provoca puoi la rovina.

Lo Stato liberale

La seconda è la visione liberale che, sia detto per inciso, è quella scelta dalla nostra Costituzione agli articoli 2 e, soprattutto, 3, secondo comma che pone al centro della attività dello Stato: “… il pieno sviluppo della persona umana… 

Queste preoccupazioni vengono da lontano.  Il 7 maggio 1880 Silvio Spaventa (l’inventore, diciamo così, del Giudice Amministrativo come regolatore, appunto, del rapporto autorità/libertà) pronunciò dinanzi all’Associazione costituzionale di Bergamo un famoso discorso ove per la prima volta al mondo teorizzava la giustizia nell’amministrazione, e non la giustizia dell’amministrazione (quella per intenderci che l’Amministrazione concede graziosamente mediante i suoi rimedi interni: ricorso amministrativo etc.).

Cito questo passaggio fondamentale nella vita democratica dell’occidente perché oggi l’istituto del Giudice Amministrativo è la cartina di tornasole della deriva pericolosissima cui sopra accennavo.

In effetti, se anche non vi è un tavolo della Spectre, tuttavia lo Stato si incarna nei suoi uomini al Governo. Governare è molto difficile, perché gli interessi da ricondurre a sintesi sono moltissimi. Qualunque governante, quindi, è per sua stessa natura portato a scegliere scorciatoie che gli permettano di condurre in porto le proprie politiche e realizzare gli obbiettivi corrispondenti a quegli interessi collettivi di cui si è discorso, e al diavolo i lacciuoli della Costituzione! Non è necessariamente volontà prava o golpista, ma una naturale conseguenza del riconoscere a una parte del rapporto, lo Stato, un potere dominante sull’altra.

Ho citato il Giudice Amministrativo perché il rapporto tra questo e il Governo pro-tempore è paradigmatico. Esso è stato puntualmente nel mirino di tutti i Governo io ho conosciuto negli ultimi trenta anni, i quali hanno sempre invocato chi la riforma funditus del giudice amministrativo per tagliargli le unghie (soprattutto per il potere di sospendere l’atto amministrativo), chi addirittura (Renzi!) la abolizione di questo organo che si permette di giudicare il Governo e costituire intralcio al buon governare.

In sostanza, tutti i governi sono intimamente golpisti, se la vogliamo vedere in termini pessimistici, oppure, più ragionevolmente, l’uomo è debole e soggetto a tentazioni, e Oscar Wilde diceva. “A tutto so resistere, fuorché alle tentazioni.”

Qualunque Governo vuole i “pieni poteri” ed opera per averli, ed ha anche i mezzi per raggiungerli, se noi non vigiliamo. L’equilibrio è dato appunto dal Giudice Amministrativo, dalla libera stampa investigativa, da una Corte Costituzionale realmente indipendente, dall’etica politica dei singoli governanti, da un Capo dello Stato tutore della costituzione e non partigiano, da un sistema di partito realmente democratico disciplinato in costituzione, da una P. A. educata ed avvezza al rispetto delle norme, da consiglieri del principe autonomi e indipendenti non soggetti a carriera etc. etc. in una parola dal check and balance dei poteri reali voluto e controllato dalla Costituzione e dal suo garante.

Il Governo Conte 2

E’ accaduto tutto ciò nel Governo Conte 2? No, in assoluto. Ciò vuol dire che Conte è un golpista? No, non credo che lo sia personalmente, semplicemente ha fatto strame della Costituzione per raggiungere i suoi (commendevoli nessuno lo discute) risultati, ma ha utilizzato sistemi fuori della costituzione e la incapacità del sistema delle garanzie di contrastarlo ha determinato quella assuefazione che scontiamo ancora oggi.

In molto, infatti, il Governo Draghi si distingue dal Governo Conte 2. Si veda il cambio al Commissariato straordinario alla protezione civile, al CTS (finalmente!), ma non sono cambiati gli strumenti giuridici, i famosi e mai abbastanza vituperati DPCM. Perché Draghi è un golpista? No, ovviamente, ma perché è più comodo e semplice che un decreto legge, perché è immediato, perché puoi cambiarlo quando vuoi, perché il Governo Conte ha fatto da apri strada, si è preso quelle solenni critiche che oggi non ripetiamo per stanchezza, oltre che perché molti ben pensanti, alla fin fine, sotto l’emozione irrazionale della pandemia, hanno cominciato ad amare il grande fratello. Si sono stancati di sentirsi ripetere che la Costituzione è calpestata e non prestano più attenzione a chi considerano una Cassandra inutile e petulante, purché usciamo dalla pandemia, come quando ci fa male un dente e, dopo inutili tentativi, ci si decide per disperazione a cavarlo.

 

La normalità della violazione costituzionale

 

What ever it takes. Conte ha assuefatto gli italiani (ecco la rana bollita che purtroppo è tale) e, quel che è peggio, gli organi di controllo, Capo dello Stato in testa, alla normalità della violazione costituzionale. Ciò è tanto vero anche nella opinione pubblica, spaventata, che oggi addirittura fa notizia quel giudice che ha disapplicato il DPCM perché illegittimo. Questa enfasi giornalistica che è rimbalzata anche sulla chat, è simbolo della dissoluzione dello Stato di diritto: ci si meraviglia che qualcuno abbia difeso la normalità delle regole costituzionali, tanto la loro violazione è divenuta normale. Le parti si sono invertite. Non è questa una democrazia sconquassata? Cosa vogliamo vedere per definirla tale, gli arresti e le carcerazioni dei dissidenti e i carri armati sulle strade? Non sono più i tempi, la democrazia si uccide con internet e con i DPCM, anche se in perfetta buona fede (mi auguro)

Ma la pandemia, direte? I morti? In fondo è secoli che le pandemie si combattono con l’isolamento delle persone.

Appunto sono secoli che si è combattuto così perché solo oggi la tecnologia permette di adottare misure diverse.

Qualcuno si chiede consa si sarebbe potuto fare se non costringere a casa i cittadini.

Invito a leggere sul numero 3 della rivista un articolo dal titolo “Attrezzarsi per la resilienza del sistema Paese” e oggi sul sito un altro dello stesso argomento. In essi si illustrano le misure proattive che Lettera 150 ha chiesto da tempo al Governo e soprattutto il cambio di paradigma richiesto.

In breve in quei documenti si dice che il Governo Conte prima e quello Draghi poi hanno completamente sbagliato nel definire l’obbiettivo strategico principale, in attuazione del quale progettare gli obbiettivi operativi.

Allo stato tale obbiettivo è impedire o diminuire i contatti sociali tramite i lock down, mentre il corretto obbiettivo strategico fondamentale deve essere impedire o diminuire la trasmissione del virus. E non sono la stessa cosa.

Nei documenti citati e negli studi di eminenti esperti di questa chat pure pubblicati sulla rivista o sul sito, è dimostrato come si dovrebbero assumere misure proattive direttamente finalizzate a combattere la trasmissione, a prescindere dal contatto sociale.

Per brevità rimando agli scritti citati.

Rimanendo sul tema di questo mio intervento, concludo osservando che è banale liquidare queste analisi politiche come stupido complottismo come è sinceramente incomprensibile accettare masochisticamente politiche repressive quando esisterebbero misure alternative rispettose delle nostre libertà. La inaccettabilità di questa politica governativa risiede esattamente nella considerazione che il Governo ha scelto non di fare esso qualcosa, ma di addossare ai cittadini tutti gli oneri dell’unica misura adottata (il lock down) e per di più li addita come i veri responsabili della pandemia a causa della loro riottosità alle cervellotiche norme.

E sia chiaro che il rischio alla vita minacciato da una pandemia, non è maggiore del rischio alla vita minacciato da una depressione economica della portata di quella che ci aspetta se continueremo nei lock down a gogo. Si muore di virus ma anche di fame.

Parole

Comunitarista, liberale, costituzione, Persona, violazione costituzionale

TAG

Stato liberale, stato comunitarista, golpe, Conte 2

PANDEMIA E POLITICA IN FUTURO

Gli esperti epidemiologi sono ormai concordi nella convinzione che, per un periodo di tempo non prevedibile ma certo non breve, sarà inevitabile la convivenza con la pandemia e quindi con il virus COVID19.

La strategia vaccinale appare, allo stato, l’unica vincente. Sfortunatamente, essa avrà successo nel medio lungo periodo, anche in funzione della reperibilità dei vaccini e della loro efficacia, e delle varianti che si sono già presentate e si presenteranno.

Occorre quindi che la società si attrezzi con misure non più emergenziali tendenzialmente temporanee, ma a regime che concilino la tutela della salute e della vita umana, con l’ordinato dispiegarsi della società civile, nei suoi aspetti economici, relazionali, educativi, psicologici, culturali. E’ giunto il momento dell’abbandono non solo della mentalità emergenziale, ma anche e soprattutto degli strumenti giuridici emergenziali. Da oggi in poi è necessario adottare misure di lungo periodo che costituiscano la normalità della vita quotidiana.

In questa ottica il dibattito sulla compressione dei diritti e delle facoltà costituzionali diviene più rilevante ancora che nella fase emergenziale. A regime, infatti, il passaggio ad una fase di assestamento della convivenza con il COVID19 renderebbe tali misure del tutto inaccettabili.

Esse si configurerebbero come una sospensione, se non interruzione, della democrazia, a cagione del loro consolidamento. A tal proposito, infatti, giova ricordare i limiti alle misure emergenziali di compressione dei diritti che la Corte Costituzionale ha più volte ribadito a proposito delle misure di eccezione: necessità, proporzionalità, adeguatezza, bilanciamento, giustiziabilità, razionalità ma, soprattutto, temporaneità.

E’ necessario, quindi, pensare a misure comportamentali le quali, necessariamente, importino restrizioni, ma siano al contempo ispirate rigorosamente ai criteri indicati dalla Corte.

Contemporaneamente, proprio attesa la natura semi permanente di esse, e l’estensione a tutta la comunità nazionale, le stesse devono essere accompagnate da un vasto e diffuso consenso, per non rimanere grida manzoniane e raggiungere così il risultato disastroso di deprimere l’autorevolezza dello Stato e indispettire ulteriormente i cittadini già tanto duramente provati.

In particolare, occorre che si abbandoni la mentalità che, sulla scorta di una utilizzazione pretestuosa del principio di eccezione, ha condotto alla odiosa impostazione punitiva nei confronti dei cittadini, per cui le uniche misure adottate sono state quelle della compressione dei loro diritti. Non sono state attuate misure proattive, positivamente interventiste, ma solo misure occhiutamente repressive con il corollario di un imponente apparato accertativo, anche penale. Risorse ingenti e attività amministrativa, anche delle forze dell’ordine, sono state impiegate esclusivamente per reprimere comportamenti vietati, invece che essere impiegate per iniziative di affiancamento e ausilio ai cittadini nell’attuare i comportamenti virtuosi.

Per non parlare della assenza di interventi pro-attivi e positivi che invece di colpevolizzare e punire i cittadini, fortemente stressati, incidessero sui luoghi e sulle occasioni di contatto potenzialmente agevolative del contagio, ad es. sui trasporti pubblici, sulla sanificazione degli ambienti pubblici o aperti al pubblico, sulla redazione del piano pandemico e soprattutto sulla predisposizione razionale e non solo mediatica (le Primule) degli strumenti per realizzarlo, sulla acquisizione tempestiva di dispositivi personali di sicurezza, e, dulcis in fundo, di vaccini.

Il tutto è stato accompagnato da un odioso atteggiamento colpevolizzante nei confronti dei cittadini, chiamati a rispondere essi dei fallimenti nel controllo della pandemia, attribuiti pretestuosamente e maliziosamente dal Governo non alla inefficacia, non appropriatezza, tardività e sostanziale inutilità delle poche misure attive poste in campo, ma alla naturale (sic !?) predisposizione degli italiani alla violazione delle regole, alla incoscienza dei giovani, all’egoismo di vaste fasce di cittadini e così via.

Il Governo non ha mai compiuto una autocritica, atteggiandosi piuttosto, esso, a vittima per sé virtuosa di un popolo incosciente, stupido e asociale.

Il punto è particolarmente rilevante proprio perché l’assestamento a regime della situazione pandemica richiede quel consenso sociale di cui si è discorso che certo non si raggiunge con la fallimentare politica repressiva adottata fino ad oggi.

I più elementari principi di criminologia (sin dalle pagine eccelse del Beccaria) ci suggeriscono che le misure repressive e punitive non hanno una vera efficacia dissuasiva, se non quella di rafforzare il comportamento virtuoso in chi naturaliter vi è predisposto, ma non di intimidazione nei confronti del deviante per scelta, necessità o compulsione.

In particolare le misure sanzionatorie, anche se elevate e terrorizzanti, non sono sufficienti a svolgere una funzione deterrente quando poste a punizione di comportamenti comunemente accettati, in circostanze ordinari, come leciti secondo il comune sentire, l’abitudine e i valori culturali. In altri termini, dinanzi a comportamenti legislativamente vietati, ma non colti come antigiuridici in senso proprio, a cagione del fatto che il divieto sia giustificato solo da motivazioni generali e astratte di precauzione e prevenzione, sostanzialmente invisibili e intangibili (la diffusione del virus) che il cittadino comune non riesce a percepire o nei quali non ha più fiducia.

Visitare i genitori anziani nella RSA, o abbracciarsi per strada, o stringersi la mano, o andare al cinema o al ristorante all’ora che si vuole, o aprire il proprio negozio per lavorare e guadagnare da vivere etc., sono tutti comportamenti non ontologicamente sbagliati e da rifiutare, e quindi non vissuti come antisociali. Da ciò la reazione di non condivisione e poi di rifiuto che supera di gran lunga la paura della sanzione.

Perché si verifichi la deterrenza il giudizio sulla antigiuridicità del comportamento deve essere condiviso dal soggetto, anche se questi volontariamente viola la norma. Solo in tal caso, infatti, l’agente è in grado di comparare e bilanciare i costi e benefici della violazione. La deterrenza non è altro che il prevalere, nella valutazione economica delle conseguenze del comportamento, dei costi (la sanzione) rispetto ai benefici, anche psicologici oltre che materiali. Viceversa, quando l’agente non condivide la convinzione sulla necessità del divieto, finisce per viverlo come imposizione autoritaria, immotivata e persecutoria, per cui il beneficio della violazione, anche in termini di rivendicazione di un proprio diritto di libertà, supera il costo della sanzione.

A ciò si aggiunga che tali norme hanno indotto comportamenti, spesso inutilmente vessatori e repressivi da parte di alcuni soggetti appartenenti alle forze dell’ordine, veri e propri Javert del XXI secolo, investiti di una autorità mal riposta e soprattutto mal guidata e controllata dai rispettivi superiori gerarchici.

La politica criminale o comunque repressiva deve virare secondo delle linee guida che segnino un suo radicale capovolgimento nei confronti del comportamenti devianti: dalla repressione alla prevenzione e al servizio. Interventi finalizzati più a convincere, persuadere, agevolare il comportamento corretto, e solo in ultima istanza, e ove indispensabile, a punire con sanzioni proporzionate e non esemplari. La afflittività della pena non può mai essere commisurata allo scopo esemplare, ma solo alla gravità del fatto e alla personalità dell’agente.

Da queste riflessioni scaturiscono alcuni interventi a regime che, nel loro complesso, potrebbero disegnare un approccio pro attivo di medio lungo periodo, sufficientemente rispettoso del principio di adeguatezza e proporzionalità, pur nella consapevolezza della drammaticità del presente.

In primo luogo, è indispensabile, anche al fine di determinare e consolidare il consenso, risolvere una volta per tutte il problema della trasparenza, che è democrazia, pubblicando tutti i dati riguardanti la gestione e l’andamento della pandemia, in formato aperto e disaggregato, come per altro già previsto dalla legislazione vigente.

La accessibilità totale dei dati è richiesta allo scopo non solo di tutelare i diritti dei cittadini e promuovere la partecipazione degli interessati all’attività amministrativa, ma soprattutto di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche.

Corollario di ciò deve essere l’adozione del potere sostitutivo di cui all’art. 110 della Costituzione, previsto, tra l’altro, nei casi di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedano la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali. Unita ad una gestione più centralizzata delle decisioni operative, tenendo conto che l’art. 117 della Costituzione, secondo comma, (rispettivamente lettera m), q), r)), prevede che spetti allo Stato la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali; la materia della profilassi internazionale; il coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale.

Interventi sui dispositivi personali di sicurezza non possono limitarsi a disporre l’uso obbligatorio delle mascherine. Occorre, in primo luogo, che si passi alla obbligatorietà dell’uso del tipo FFP2 (l’unico che garantisce una protezione passiva e attiva) con le eccezioni già previste, ma soprattutto che si provveda ad acquisti periodi e massici per porle a diposizione gratuitamente dei cittadini, attraverso, ad es., di forniture periodiche da parte di tutti gli enti pubblici ai propri dipendenti di scorte sufficienti a coprire il fabbisogno familiare,  dispensabilità da parte del SSN, senza prescrizione medica, fornitura da parte delle medesime forze dell’ordine nelle occasioni di controlli.

A tale proposito, richiamando le osservazioni di cui sopra, modificare la politica a contrasto della devianza, abbandonando la qualificazione dei comportamenti come fatto illecito punibile, ma qualificandoli come misure necessarie all’ordine pubblico e alla pubblica incolumità, che possano essere ordinate dagli agenti dell’ordine nel caso concreto. In altre parole la giuridicità di ordini ad hoc e forme di convincimento ad es. ordinando lo scioglimento degli assembramenti o del controllo dissuasivo sull’affollamento negli esercizi pubblici, del richiamo all’uso delle mascherine con immediata disponibilità delle mascherine, gratuitamente o anche con il simbolico pagamento di un euro chi non ne fosse in possesso.

La sanzione dovrebbe quindi essere limitata alla sola fattispecie di cui all’art. 650 c.p. (inottemperanza all’ordine legittimo della autorità) nei soli casi di disubbidienza conclamata agli ordini emanati nei casi sopra segnalati.

Le misure personali di igiene e disinfezione sono sicuramente essenziali, ma relativamente sterili ove gli ambienti per sé mantengano elevati livelli di infestazione del virus.

Sarebbe quindi necessario Che sia avviata una costante azione di sanificazione degli uffici pubblici, delle scuole, dei mezzi di trasporto pubblico. Oltre ad un immediato intervento per l’adeguamento di infissi adeguati, alla costante aereazione.

Infine, sembra necessaria anche la dispensabilità da parte del SSN, dei presidi medici costituiti dalle già ricordate mascherine FFP2 e dal gel portatile disinfettante.

Gli ottimi risultato raggiunti dalla strategia dei tamponi di massa, quale strumento fi una strategia do sorveglianza attiva, necessita della realizzazione, finalmente, del piano già proposto ad agosto, per realizzare il target di 400.0000 tamponi giornalieri, per prevenire il diffondersi del virus. Ovviamente ciò implica il potenziamento, a cura dello Stato, dei ulteriori laboratori mobili.

Alla ripresa di settembre la maggior parte delle scuole non è stata in grado di ridurre il numero di alunni per classe (come avvenuto in molti paesi europei), né di garantire la misurazione della febbre, né di gestire i sospetti positivi.

Occorre quindi agire con strumenti amministrativi e organizzativi lungo due direttrici.

Nell’ottica di privilegiare la didattica in presenza occorre ampliare la disponibilità di classi, per diminuire il numero di alunni e professori per classe, utilizzando immobili demaniali non utilizzati. Assumere a tempo determinato docenti, anche richiamando, se necessario, quelli andati in pensione negli ultimi cinque anni.

Occorre correlatamente intervenire sul sistema dei trasporti moltiplicando l’offerta, come meglio si vedrà avanti.

Prevedere, come detto, la distribuzione delle mascherine e rafforzare la vigilanza anti assembramento, anche attraverso volontari 8 (il sistema dei “nonni”).

Nell’ottica della DAD, non si può prescindere da un ambizioso piano di acquisto e distribuzione di tablet o PC da fornire a tutti gli alunni che ne siano sprovvisti in famiglia e stipulare convenzioni apposite con i provider per acquisire strumenti di traffico dati.

Viceversa, la DAD si trasformerebbe a in un serio elemento di discriminazione sociale.

Tale misura costituirebbe anche un passo avanti nell’investimento per la digitalizzazione del Paese, cui gli stessi provider sono interessati.

Le misure nei confronti del SSN sarebbero molte e complesse. Tra le primarie si pone l’ampliamento dei posti di terapia intensiva.

Ma anche misure di sistema quali la modifica temporanea del corso di studi in scienze infermieristiche, prevedendo un prediploma in sei mesi di corso intensivo da integrare successivamente, e l’assunzione nel SSN a tempo, e agevolazione nella conclusioie del percorso triennale di laurea.

Sarebbe anche opportuno il richiamo in servizio dei medici collocati a riposo a seguito della anticipazione della età di pensionamento.

La nota dolente del trasporto pubblico ha subito una inspiegabile sottovalutazione da parte del governo che ah reagito con misure insufficienti e velleitarie, nei confronti di un problema, invece, che ha dimostrato la sua drammatica priorità.

Occorre in primo luogo aumentare l’offerta di mezzi, al fine di diminuirne l’affollamento, primariamente mediante l’utilizzo di mezzi e autisti delle FFAA, o di autobus privati, oggi costretti alla inattività, e comunque anche ricorrendo, se del caso, allo strumento della requisizione in uso d’urgenza (con indennizzo) ed alla assunzione a termine di conducenti, soprattutto reclutati dagli NCC rimasti senza lavoro.

L’implementazione della medicina di base costituirà un fondamentale strumento di lotta al virus nell’occasione del primo contatto del cittadino con la problematica e soprattutto nella assistenza domiciliare consentendo così di ridurre sensibilmente i ricoveri ospedalieri. L’ampliamento delle cure domiciliari passa però attraverso la dotazione per i medici dei necessari presidi personali di sicurezza. Occorrerà anche riorganizzare e implementare le unità speciali di continuità assistenziale per le cure domiciliari, coinvolgendo direttamente i medici di base dotati di adeguate protezioni. E sarà altresì necessario commissariare e esercitare il potere sostitutivo nei confronti di quelle regioni che non raggiungano in brevissimo tempo livelli predefiniti del servizio.

Infine, occorrerà affrontare la problematica dei COVID hotel, cioè a dire di luoghi convenzionati ove il contagiato possa trascorrere i periodi di quarantena o di isolamento, per abbattere drasticamente le occasioni di contagio.

Infine, interventi a parte sono necessitati dalle problematiche insorte con le case farmaceutiche titolari dei brevetti dei vaccini.

L’andamento delle cose induce a sospettare che gli atteggiamenti scorretti registrati non siano casuali e che siano inoltre destinarti a ripetersi nel tempo.

Appare ragionevole pensare che occorra predisporsi ad una soluzione autarchica del problema.

Si vuol die che, in qualche modo, il sistema industriale farmaceutico italiano deve essere messo in condizioni di produrre vaccini per il Paese. Ciò potrà avvenire grazie al vaccino Reithera, i cui tempi non sono però allo stato prevedibili con esattezza e la cui sperimentazione di fase tre non è ancora terminata.

Si apre quindi l’unica strada di produrre in proprio i vaccini oggi sotto copertura industriale.

E’ indispensabile, quindi, avviare immediatamente in primo luogo opportuni accordi con le imprese farmaceutiche per verificarne la capacità produttiva e i tempi di conversione alla stessa.

In parallelo occorre avviare opportuni contatti con le imprese titolari dei vaccini per sondare le ragionevoli opportunità compromissorie di una sub licenza a favore delle imprese italiane.

In alternativa occorre avere la determinazione di adottare le misure per la così detta licenza obbligatoria prevista dagli accordi internazionali TRIPS a tutela della proprietà intellettuale, per la salvaguardia dell’interesse pubblico come quello alla salute pubblica.

Il costo di queste auspicabili iniziative è molto elevato.

La scelta strategica nell’uso delle risorse, soprattutto quelle europee, risulterebbe inutile se esse fossero utilizzate solo per garantire ristori, contributi, assistenzialismo, anche se a settori industriali strategici o comacine rilevanti, senza che la società introno sia messa in grado di fronteggiare, essa in prima persona, la causa della crisi economica.

La ricetta di compiere generose dosi di finanziamenti pubblici a settori economici, se non a singoli imprenditori, sufficientemente grandi da far presumere un impatto non trascurabile anche sui dati macroeconomici, non sembra essere la misura vincente. Piuttosto occorre porre le condizioni perché riparta soprattutto il sistema delle micro, piccole e medie imprese, che necessita appunto di una situazione concreta più vicina possibile alla normalità, perché propedeutica alla ripresa del vivere civile e quindi della economia.

Non avrebbe senso incentivare uno qualsiasi dei settori previsti dal Piano di Resilienza lasciando inalterati gli attuali meccanismi di constato al virus che sono, per sé, del tutto disincentivanti lo sviluppo economico.

PANDEMIA E POLITICA IN FUTURO
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“Libertà va cercando ch’è si cara, come sa chi per lei vita rifiuta”
(Dante Alighieri - canto I vv. 70-72)
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