SI AI CONTATTI NO AL CONTAGIO
Siamo in endemia
ENDEMIA: è una situazione che si verifica quando l’agente responsabile (virus) di una malattia, che appunto si definisce endemica, è stabilmente presente e circola nella popolazione, manifestandosi con un numero di casi più o meno elevato ma uniformemente distribuito nel tempo.
In altri termini, siamo in endemia quanto conviviamo con il virus.
Una malattia infettiva si eradica quando in un Paese fino ad allora afflitto da epidemia o endemia, si raggiunge la così detta immunità di gregge. Cioè vi è almeno il 95% della popolazione che non può ammalarsi e trasmettere il virus perché è vaccinata.
Purtroppo, è ormai chiaro che la strategia vaccinale avrà successo solo nel medio lungo periodo.
Non solo difficoltà logistiche, per altro affrontate brillantemente dal nuovo Commissario all’emergenza, generale Figliuolo, ma soprattutto i giochi geopolitici retrostanti all’affaire vaccini, faranno sì che la campagna vaccinale probabilmente slitterà a causa della mancanza dei vaccini stessi.
Inoltre, gli epidemiologi ci hanno già messo sull’avviso circa la capacità di questo virus di variare. Così anche per il COVID 19 dovremo attrezzarci ogni anno con un nuovo aggiornamento del vaccino per combattere la nuova variante.
Ma non basta, perché è noto, ma il governo e i mass media non ne parlano per non creare allarme, che allo stato attuale delle conoscenze si ritiene che la copertura del vaccino duri da 7 a 12 mesi. Anche se non vi fossero le varianti, quindi, tra un anno si dovrebbe ripetere una grande campagna vaccinale come quella in atto.
A questo si aggiunga che siamo in presenza non di una epidemia (cioè la diffusione di una malattia all’interno di un Paese o di una area delimitata) ma di una pandemia, che è una epidemia che si estende da un Paese all’altro, sino all’intera Terra. Quindi l’immunità di gregge sarà sempre più messa in pericolo dalla mobilità delle persone che è una delle caratteristiche del XXI secolo.
Pensiamo veramente che si possa affrontare questo futuro drammatico facendo stare tutti chiusi dentro casa?
Cambio di paradigma e di strategia
Occorre che la società si attrezzi con misure non più emergenziali e temporanee, ma a regime che concilino la tutela della salute e della vita umana, con l’ordinato dispiegarsi della società civile, nei suoi aspetti economici, relazionali, educativi, psicologici, culturali. Cioè misure di lungo periodo che regolino la normalità della vita quotidiana.
In effetti, il Governo Conte bis ha basato il suo intervento sul raggiungimento di due obbiettivi strategici: la vaccinazione di massa e la eliminazione o riduzione dei contatti sociali nel corso dei quali il virus si trasmette.
Il primo si appalesa insufficiente da solo a porre in sicurezza il Paese, come abbiamo già osservato. Inoltre la vaccinazione di massa è soggetta a una alea di rischio elevata.
Il piano, infatti, dipende in primo luogo dalla perfezione dei meccanismi logistici, ma soprattutto dalla incertezza sulla consegna dei vaccini, legata a giochi geopolitici e non alle esigenze dei popoli.
In conclusione, il primo obbiettivo strategico potrebbe non essere risolutivo
Un nuovo obbiettivo strategico.
Al primo obbiettivo strategico descritto, quindi, deve affiancarsi un secondo obbiettivo strategico complementare che accompagni l’azione vaccinale per tamponare medio tempore il problema dei contagi, fino ad una fine che non è dato oggi ipotizzare.
Oggi, per iniziativa del governo Conte bis che non ha saputo affrontare la situazione, questo secondo obbiettivo strategico si sostanzia esclusivamente nell’impedire o diminuire i contatti sociali, sostanzialmente nell’imporre a tutto il Paese il lock down.
Drammaticamente e desolatamente il governo Conte non ha saputo fare altro.
Ma impedire i contatti sociali e impedire la trasmissione del virus non sono la stessa cosa.
La vera causa del contagio, infatti, non sono i contatti sociali ma la trasmissione tramite le c.d. droplets, cioè le minuscole quantità di vapore acqueo presenti in forma di aerosol che ciascuno di noi emette quando parla, canta, mangia, respira, starnutisce, tossisce etc. Il contatto sociale è solo un contesto, una occasione in cui questi virus possono viaggiare nell’aria da un soggetto all’altro, ma non sono la causa del contagio.
Si obbietterà che impedire i contatti impedisce, indirettamente, anche il contagio.
E’ però di tutta evidenza che in questo modo non si combatte la trasmissione del virus in sé e si adotta uno strumento costoso che ci porterà alla rovina economica, oltre che piscologica e morale.
Un nuovo slogan ci deve guidare.
“Sì ai contatti sociali no alla trasmissione del virus”.
L’obbiettivo strategico risolutivo, quindi, è impedire la trasmissione del virus e si può raggiungere finalmente sostituendo i vari lock down, insopportabili per una società, dal punto di vista sia economico sia psicologico, sia pedagogico.
Nel bilanciamento dei vari interessi, quindi, il Governo Draghi non deve perpetuare la fallimentare politica del Conte bis, sostanzialmente ripetendo il lock down già sperimentato e che si è rivelata, a medio tempo, un vero fallimento. Non ha impedito, infatti, la seconda e terza ondata e non impedirà le prossime perché qualunque chiusura non è in grado di assicurare l’eliminazione al 100% dei contatti e quindi delle trasmissioni.
E’ corretto ritenere che in un frangente di vera emergenza, cioè di un fatto improvviso e imprevedibile come avvenne lo scorso anno, il lock down fosse l’unica misura immediata possibile, ma oggi a distanza di un anno tale situazione diviene inaccettabile. E, sia detto per inciso, dimostra la assoluta inefficienza e incompetenza del Governo Conte bis e del suo Ministro della salute.
A queste conclusioni conducono anche le considerazioni scaturenti dal dibattito sulla compressione dei diritti e delle facoltà costituzionali ancor più che nella fase emergenziale. A regime, infatti, il passaggio ad una fase di assestamento della convivenza con il COVID19 renderebbe le attuali misure del tutto inaccettabili. Esse si configurerebbero come una sospensione, se non interruzione, della democrazia, a cagione del loro consolidamento.
Contemporaneamente queste nuove misure che comportano comunque sacrifici e disagi, per non rimanere grida manzoniane devono essere accompagnate da un vasto consenso dei consociati. A tale scopo occorre che si abbandoni la odiosa mentalità punitiva nei confronti dei cittadini, per cui le uniche misure adottate sono state quelle della compressione dei loro diritti.
Il cambio di strategia auspicato si realizza attraverso misure proattive, positivamente interventiste che incidano sui meccanismi di diffusione del virus e non solo misure occhiutamente repressive talvolta vessatorie.
Sono necessari interventi finalizzati più a convincere, persuadere, agevolare il comportamento corretto, e solo in ultima istanza, e ove indispensabile, a punire con sanzioni proporzionate.
Lo scopo, insomma, è quello di creare un clima di collaborazione reciproca e non di contrapposizione poliziesca, ad es. prevedendo che, a seguito dei controlli, le forze dell’ordine forniscano le mascherine a chi ne fosse sprovvisto.
Trasparenza e pubblicità dei dati
In primo luogo, è indispensabile, anche al fine di determinare e consolidare il consenso, risolvere una volta per tutte il problema della trasparenza pubblicando sul sito ministeriale tutti i dati riguardanti la gestione e l’andamento della pandemia, in formato aperto e disaggregato, come per altro già previsto dalla legislazione vigente.
La accessibilità totale dei dati è richiesta dalla legge anche allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche.
Anche i dati regionali devono subire lo stesso trattamento, e il Governo, dinanzi ad una eventuale riottosità, dovrà applicare la sua competenza esclusiva (art. 117 Cost, comma secondo lettera r) (cioè il coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale) e il potere sostitutivo previsto dall’art. 110 della costituzione tra l’altro, nei casi di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedano la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali.
Sembra poi necessaria una maggiore centralizzazione delle iniziative e della organizzazione logistica.
Anche in questo soccorre l’art. 117, comma secondo, lettere m) e q) prevedono la competenza esclusiva dello Stato nelle materie rispettivamente della determinazione e garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali nonché della profilassi internazionale;
Dispositivi personali ed collettivi di sicurezza
Un altro campo di intervento strutturato a regime è quello sui dispositivi personali di sicurezza. Per impedire la diffusione del virus mantenendo la libertà dei contatti, è necessario l’uso di mascherine adatte. Quindi, occorre che si passi alla obbligatorietà dell’uso del tipo FFP2 (l’unico che garantisce una protezione passiva e attiva) con le eccezioni già previste, ma soprattutto che si provveda ad acquisti periodi e massici per porle a diposizione gratuitamente dei cittadini, attraverso, ad es., forniture periodiche da parte di tutti gli enti e uffici pubblici ai propri dipendenti di scorte sufficienti a coprire il fabbisogno familiare, dispensabilità da parte del SSN, senza prescrizione medica, fornitura da parte delle medesime forze dell’ordine nelle occasioni di controlli. Identiche misure per il gel disinfettante portatile.
Inoltre, le misure personali di igiene e disinfezione sono sicuramente essenziali, ma relativamente sterili ove gli ambienti per sé mantengano elevati livelli di infestazione del virus.
E’ quindi necessario che sia avviata un piano per una costante azione di sanificazione periodica e frequente, ogni due/tre ore, degli uffici pubblici, delle scuole, dei mezzi di trasporto pubblico.
Ciò presuppone investimenti per dotare i locali di infissi adeguati alla aereazione nonché apparati di disinfezione a UV che possono essere usati solo a locali liberi da persone e per tale motivo protocolli di chiusura temporanea degli uffici per il breve tempo necessario a sanificare gli ambienti.
Tamponi di massa
Gli ottimi risultato raggiunti dalla operazione dei tamponi di massa, quale strumento di una strategia di sorveglianza attiva, necessita della realizzazione, finalmente, del piano già proposto ad agosto, per realizzare il target di 400.0000 tamponi giornalieri. Ovviamente ciò implica il potenziamento, a cura dello Stato, di ulteriori laboratori mobili. E anche in tal caso è indispensabile una centralizzazione degli interventi.
Riavvio delle attività scolastiche
Alla ripresa di settembre la maggior parte delle scuole non è stata in grado di ridurre il numero di alunni per classe (come avvenuto in molti paesi europei), né di garantire la misurazione della febbre, né di gestire i sospetti positivi.
Oltre alle misure per la disinfezione dei locali e la distribuzione delle mascherine di cui si è già detto, occorre agire con strumenti amministrativi e organizzativi lungo due distinte direttrici.
Ove si decida per la didattica in presenza, occorre ampliare la disponibilità di classi, per diminuire l’affollamento, utilizzando immobili demaniali non utilizzati. E quindi assumere a tempo determinato ulteriori docenti, anche richiamando, se necessario, quelli andati in pensione negli ultimi cinque anni.
Occorre correlatamente intervenire sul sistema dei trasporti di cui avanti.
Rafforzare la vigilanza anti assembramento, soprattutto attraverso volontari (il sistema dei “nonni”).
Nell’ottica della DAD, invece, non si può prescindere da un ambizioso piano di acquisto e distribuzione di tablet o PC da fornire, in comodato gratuito, a tutti gli alunni che ne siano sprovvisti in famiglia e stipulare convenzioni apposite con i provider per acquisire strumenti di traffico dati. Tale misura è stata solo parzialmente attuata, apprestando però finanziamenti del tutto insufficienti.
Viceversa, la DAD si trasformerebbe in un serio elemento di discriminazione sociale.
Tale misura costituirebbe anche un passo avanti nell’investimento per la digitalizzazione del Paese, cui gli stessi provider sono interessati.
Le misure nei confronti del SSN sarebbero molte e complesse. Tra le primarie si pone l’ampliamento dei posti di terapia intensiva.
Ma anche misure di sistema quali la modifica temporanea del corso di studi in scienze infermieristiche, prevedendo un prediploma in sei mesi di corso intensivo da integrare successivamente, e l’assunzione nel SSN a tempo, e agevolazione nella conclusioie del percorso triennale o magistrale di laurea.
Sarebbe anche opportuno il richiamo in servizio dei medici collocati a riposo a seguito della anticipazione della età di pensionamento.
Trasporto pubblico locale
Quella del trasporto pubblico è una nota dolente, assai sottovalutata dal Governo.
Occorre in primo luogo aumentare l’offerta di mezzi, al fine di diminuirne l’affollamento, primariamente mediante l’utilizzo di mezzi e autisti delle FFAA, o di autobus privati in convenzione, oggi costretti alla inattività, e comunque anche ricorrendo, se del caso, allo strumento della requisizione in uso d’urgenza (con indennizzo) ed alla assunzione a termine di conducenti, soprattutto reclutati dagli NCC rimasti senza lavoro.
Il contributo della medicina di base
L’implementazione della medicina di base costituirà un fondamentale strumento di lotta al virus nell’occasione del primo contatto del cittadino con la problematica e soprattutto nella assistenza domiciliare consentendo così di ridurre sensibilmente i ricoveri ospedalieri. L’ampliamento delle cure domiciliari passa però attraverso la dotazione per i medici dei necessari presidi personali di sicurezza. Occorrerà anche riorganizzare e implementare le unità speciali di continuità assistenziale per le cure domiciliari, coinvolgendo direttamente i medici di base dotati di adeguate protezioni. E sarà altresì necessario commissariare e esercitare il potere sostitutivo nei confronti di quelle regioni che non raggiungano in brevissimo tempo livelli predefiniti del servizio.
Infine, occorrerà affrontare la problematica dei COVID hotel, cioè a dire di luoghi convenzionati ove il contagiato possa trascorrere i periodi di quarantena o di isolamento, per abbattere drasticamente le occasioni di contagio.
I vaccini
Interventi a parte sono necessitati dalle problematiche insorte con le case farmaceutiche titolari dei brevetti dei vaccini.
L’andamento delle cose induce a sospettare che gli atteggiamenti scorretti registrati non siano casuali e che siano inoltre destinarti a ripetersi nel tempo.
Appare ragionevole pensare che occorra predisporsi ad una soluzione autarchica del problema.
Si vuol dire che, in qualche modo, il sistema industriale farmaceutico italiano deve essere messo in condizioni di produrre vaccini per il Paese. Ciò potrebbe avvenire grazie al vaccino ReiThera, i cui tempi non sono però allo stato prevedibili con esattezza e la cui sperimentazione di fase tre non è ancora terminata.
E’ indispensabile, quindi, in primo luogo avviare immediatamente opportuni contatti con le imprese farmaceutiche italiane per verificarne la capacità produttiva e i tempi di conversione alla stessa, e alo stesso tempo con le imprese titolari dei vaccini per sondare le ragionevoli opportunità compromissoria di una sub licenza a favore delle imprese italiane.
In alternativa occorre avere la determinazione di adottare le misure per la così detta licenza obbligatoria prevista dagli accordi internazionali TRIPS sulla della proprietà intellettuale, per la salvaguardia dell’interesse pubblico come quello alla salute pubblica.
Criticità finanziarie
Il costo di tutte queste auspicabili iniziative è molto elevato.
Tuttavia, la scelta strategica nell’uso delle risorse, soprattutto quelle europee, risulterebbe inutile se esse fossero utilizzate solo per garantire ristori, contributi, assistenzialismo, senza che la società intorno sia messa in grado di fronteggiare, essa in prima persona, la causa della crisi economica.
La ricetta di compiere generose dosi di finanziamenti pubblici a settori economici, non sembra essere la misura vincente. Piuttosto occorre porre le condizioni perché riparta soprattutto il sistema delle micro, piccole e medie imprese, che necessita appunto di una situazione concreta più vicina possibile alla normalità, perché propedeutica alla ripresa del vivere civile e quindi della economia.
Non avrebbe senso incentivare uno qualsiasi dei settori previsti dal Piano di Resilienza lasciando inalterati gli attuali meccanismi di contrasto al virus che sono, per sé, del tutto disincentivanti lo sviluppo economico.
Parole
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